video
play-rounded-outline
15:33

Gli affitti brevi sono diventati una parte integrante del mercato turistico e hanno avuto un impatto significativo anche sul settore immobiliare e sociale. Ne abbiamo parlato con Davide Trevia, presidente della Federalberghi provincia di Imperia e del Golfo Dianese.

Le parole di Davide Trevia

Airbnb – La storia 

“Dobbiamo tornare al 2007. Fino a quel momento andare in vacanza significava scegliere tra alberghi, campeggi o ostelli della gioventù. Durante un grande festival a San Francisco tutte le strutture ricettive erano sature. Tre ragazzi decisero allora di affittare parte del loro appartamento, offrendo materassi gonfiabili a terra. Da questa idea nacque Airbnb. La cosa funziona e da quel momento il turismo non è stato più lo stesso“, ha esordito ai nostri microfoni Trevia.

Perché funziona

Semplicità

Gli affitti brevi, soprattutto in Italia, si sono diffusi rapidamente grazie a procedure d’apertura semplificate e un regime fiscale favorevole. “Ultimamente il Ministero del Turismo rilascia il codice identificativo nazionale (CIN) che è una sorta di carta d’identità dell’immobile, vale per tutti anche per le strutture alberghiere, entrerà in vigore dal primo gennaio del 2025″. La fortuna di questo modello”, ha affermato Trevia, “è legata alla bassa fiscalità. Chi affitta può scegliere tra l’IRPEF tradizionale o la cedolare secca, inizialmente al 21% e poi salita al 26% per i secondi immobili. Se affitti più di quattro appartamenti, devi aprire partita IVA perché diventi un imprenditore”.

Un sistema poco regolamentato e poco controllato

Fino a pochi mesi fa il sistema era poco regolamentato e controllato. “Nessuno pagava effettivamente questa cedolare secca”, ha sottolineato. “Solo da ottobre 2023, grazie a una direttiva europea recepita dal Consiglio di Stato, i portali come Airbnb sono diventati sostituti d’imposta. Ora, devono versare direttamente nelle casse dello Stato le tasse dovute. Si stima che Airbnb in Italia, da solo, pagherà circa 570 milioni. Un altro aspetto secondo me è che ha fatto sì che i proprietari degli immobili scelgano un affitto breve è il fatto che in Italia manca una regolamentazione quando l’inquilino è moroso“.

Cosa ha portato

Squilibri profondi

Il fenomeno degli affitti brevi ha generato squilibri profondi, soprattutto nei centri storici. “Abbiamo visto uno svuotamento residenziale. I proprietari preferiscono affittare ai turisti piuttosto che ai residenti, facendo aumentare i canoni di locazione a lungo termine. Questo rende difficile trovare casa per studenti, lavoratori e famiglie“, ha proseguito. Anche i condomini ne risentono. “Si moltiplicano le liti tra residenti e turisti. Mancano regole chiare e questo genera tensioni”.

Concorrenza sleale e problema controlli e sicurezza

Dal punto di vista delle strutture ricettive gli affitti brevi rappresentano una concorrenza sleale. “Chi affitta brevemente paga meno tasse e può avere margini di guadagno superiori. Inoltre, negli alberghi ci sono controlli sulla sicurezza: personale notturno, documenti verificati fisicamente. Negli affitti brevi queste garanzie mancano”.

Cosa fare

Guardare all’estero per ispirarsi

Per affrontare il problema, Trevia propone di prendere esempio da città come New York, Londra e Parigi. “A New York gli affitti brevi sono vietati se il proprietario non dorme effettivamente nell’appartamento. A Londra e Parigi non si può affittare per più di 90-120 giorni l’anno. In Spagna, dal 2028, sarà vietato affittare a breve termine in alcune città. In Europa c’è una banca dati per monitorare il fenomeno“.

Italia e Liguria

In Italia alcune regioni iniziano a muoversi. “In Liguria quattro comuni pilota – Rapallo, Alassio, Sanremo e Levanto – stanno creando una banca dati per tracciare gli affitti brevi, proprio come avviene per gli alberghi. È un passo nella giusta direzione. Questo aiuterà a tracciare e sapere da dove vengono, quanto si fermano e quante persone sono questi clienti che alloggiano in circa 32.000- 34.000 appartamenti che ci sono in Liguria. Il Governo sta cercando di limitare questo problema ma a mio avviso sta facendo ancora troppo poco”.

L’idea di Federalberghi: “Serve autonomia ai sindaci per risolvere il problema”

Secondo Trevia una legge nazionale uniforme è difficile da attuare. “Ci sono troppe differenze tra le varie regioni italiane. L’unica soluzione è dare massima autonomia ai sindaci. Solo loro conoscono le esigenze del territorio e possono decidere dove gli affitti brevi rappresentano una risorsa e dove, invece, sono un problema”. “Per esempio”, ha continuato, “in borghi spopolati o periferie poco servite, gli affitti brevi possono offrire nuove opportunità. Ma nei centri storici già saturi, aggravano i problemi esistenti”.

Trevia ha concluso con un messaggio chiaro: “Noi albergatori non siamo contro il progresso, non vogliamo avere il monopolio della ricettività. Vogliamo solo che il cambiamento sia regolamentato. Un turismo sostenibile e ben gestito è nell’interesse di tutti”.

L’intervista integrale a Trevia nel video-servizio a inizio articolo.