Il primo agosto presso il Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia “Decio De Lorentiis” di Maglie (Lecce) è stata inaugurata la mostra “La tavola cambia rotta” all’interno del ricco palinsesto di eventi organizzato per la 25esima edizione del Mercatino del Gusto.
Insieme alla cultura dell’alimentazione, dell’accoglienza e all’arte, non poteva mancare il design che quest’anno, dopo Gio Ponti e Tobia Scarpa protagonisti delle scorse edizioni, gli architetti curatori della mostra Roberto Marcatti e Cintya Concari hanno voluto declinare con un’esposizione di progetti inediti di tavoli.
Sono stati coinvolti otto studi e designer per affrontare il tema della “tavola del futuro” rispondendo all’invito di uscire dagli schemi con uno sguardo che andando “oltre” valorizzasse tutti gli aspetti di diversità e inclusività per trasmettere un messaggio etico e sociale, ma anche di bellezza e facilità d’uso.
Mauro Olivieri nel presentare il suo prototipo di tavolo, (realizzato come tutti gli altri tavoli dall’azienda Babato 1934) parte dal concetto che “un tavolo è un gesto”, un simbolo che richiama immediatamente una serie di azioni, movimenti e attenzioni, inducendoci a comportarci in un certo modo e con una specifica postura. Tra queste azioni, spicca la sacralità del mangiare.
Ha scelto di chiamare il suo tavolo Tambura solido e imponente come il monte citato da Dante nel XII canto dell’Inferno, quel monte che se anche fosse caduto sulla lastra di ghiaccio sotto cui erano sepolti i traditori, non l’avrebbe nemmeno incrinata. Tambura rappresenta l’inferno di Dante, i gironi dell’inquietudine, il rischio di far parte della miseria umana che ci inquina. Tuttavia Olivieri immagina il suo tavolo “salvifico” cedendo all’utopia che libera il desiderio di credere che un tavolo possa davvero salvarci.
Nella nostra epoca in cui l’interattività è vista come una necessità irrinunciabile, abbiamo bisogno di momenti di distacco per riscoprire il sentimento autentico del “noi” insieme.
Tambura ci invita a spogliarci di tutto ciò che disturba e distrae, a posizionare sui suoi gradoni interni i nostri oggetti che di solito trovano posto in bella vista sulla tavola, per cercare invece di essere insieme in modo autentico, nudi e privi del superfluo. Tambura salva, conducendoci verso quel momento magico della vita che rende viva la “Commedia Divina” della convivialità.
Realizzato in legno e metallo laccato in una tonalità di rosso che ricorda i colori cupi, ma anche brillanti dell’Inferno, il tavolo ha un diametro massimo di 180 cm e un’altezza di 76 cm. Dal piede centrale, che fa da base, partono gli anelli di varie altezze che definiscono l’interno, il luogo dove riporre oggetti, lasciando solo al bordo superiore la funzione del mangiare e lo spazio per la mise en places.
La mostra è visitabile fino al 31 ottobre ed è corredata da una pubblicazione.