claudio scajola

“Si chiude un lungo periodo di sofferenza della mia vita. Un periodo segnato da accuse infamanti, che via via sono cadute, come era scontato che fosse, date le anomalie e le incongruenze che avrebbero potuto distruggere la mia fiducia nella Giustizia. Un processo che si è trascinato troppo a lungo, per finire nel nulla, perché sul nulla era basato. Restano le ferite non rimarginabili e i danni che questa vicenda, anche con la macchina mediatica del fango che l’ha accompagnata, ha causato a me e alla mia famiglia. Ho sempre ribadito a gran voce di aver agito correttamente e, per questo motivo, ho affrontato a testa alta ogni avversità, presentandomi ad ognuna delle udienze qui a Reggio Calabria, in qualsiasi condizione fisica o psicologica, spinto dal desiderio di far emergere la verità, per me e per le persone che mi vogliono bene. Da oggi, questa storia appartiene al passato. Anche a 76 anni continuo a guardare al futuro, con la serenità del cuore”.

Così Claudio Scajola commenta la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria in merito al processo Breakfast, durato dieci anni e che ha avuto inizio con il suo arresto quando ricopriva la carica di ministro.

Il processo era stato caratterizzato da accuse che lo collegavano a una presunta connessione tra massoneria, ‘ndrangheta e politica. Scajola era stato accusato di aver aiutato l’ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e successivamente deceduto a Dubai nel settembre scorso.

Le avvocatesse di Scajola, Elisabetta Busuito e Patrizia Morello, ora aspettano di leggere le motivazioni della sentenza per valutare un possibile ricorso in Cassazione. Il reato contestato a Scajola è stato dichiarato prescritto.