Questa mattina presso il Tribunale di Imperia si è svolto un ulteriore capitolo nel processo che vede contrapposti Cristian Bugatti e Marco Castoldi, meglio conosciuti come Bugo e Morgan.
Dopo l’udienza precedente in cui solo Bugo era presente, mentre Morgan si preparava per il Concerto del Primo Maggio a Roma, i due musicisti si sono presentati quasi contemporaneamente intorno alle 9.30 al Palazzo di Giustizia di Imperia.
Morgan è accusato da Bugo di diffamazione aggravata in relazione agli eventi accaduti al Festival di Sanremo 2020, in particolare riguardanti l’abbandono del palco da parte di Bugo dopo una modifica dei versi musicali da parte di Castoldi.
La deposizione di Morgan, inizialmente interrogato dalle domande del suo avvocato, seguite dal controinterrogatorio dell’avvocato di Bugo e infine dal Pubblico Ministero, si è protratta per circa un’ora e mezza all’inizio della seduta.
“Ci siamo conosciuti in occasione di un concerto”, ricorda Morgan. “Siccome da parte mia c’era una stima artistica di un certo tipo, ci siamo scambiati quattro chiacchiere ed improvvisato delle cose assieme durante il concerto. Successivamente da lì siamo rimasti in contatto. Ogni tanto scriveva su di me delle cose un pochino aggressive, ma ci può stare. Questo prima del Festival 2020. Lui mi ha chiesto per anni di fare Sanremo assieme. L’anno prima della vicenda, quando c’era Claudio Baglioni come direttore artistico, Bugo mi ha contattato perché direttore d’orchestra e ospite. La canzone, la stessa del 2020, non è stata accettata”.
Una delle principali contestazioni di Morgan è relativa alla formula con il quale era stato ingaggiato da Bugo e dalla sua casa discografica, la Mescal.
“La formula con il quale si stabilisce il rapporto va poi a impattare sui compensi e tutte le procedure successive”, dichiara Morgan. “Essere coinvolto come duetto è diverso rispetto ad un featuring. Sono rimasto sorpreso dall’arrivo di una squadra di lavoro. Bugo, il suo manager Valerio Soave, il direttore d’orchestra Montanari, in tutto erano sei. Questo squadrone si presenta negli uffici della Rai mentre sto conducendo una trasmissione. Mi propongono di fare Sanremo, prefigurandomi uno scenario dove avrei fatto il direttore. Io sono in parte autore del brano. Mia è una frase singola nella canzone. Ad una riunione precedente al Festival, il 27 dicembre, nella quale erano presenti sia i miei collaboratori che quelli di Bugo, c’è stato uno scontro fisico con Soave. Già lì la situazione era piuttosto grave”.
Il focus si sposta poi sulla questione del rimbalzo delle partiture per le esibizioni durante il Festival 2020.
“Quando ho terminato la prima partitura, mi hanno fatto i complimenti per la professionalità”, ricorda ancora l’ex Bluvertigo. “Sulla base di questa approvazione ho allegato poi i file. Le partiture però poi sono state rigettate. Io non sono stato sabotato, son stato massacrato. Il comportamento di Soave e Montanari è stato deprecabile dal punto di vista professionale ed umano. Ho argomentato con Bugo molto approfonditamente del mio disagio pensando che potessero affrontare i problemi che evidenziavo. È assurdo che si faccia un processo a me con queste dinamiche”.
“Dal 31 gennaio hanno iniziato a fare terrorismo con minacce ripetute”, prosegue. “La Mescal voleva farmi fuori. Si stava ledendo la mia professionalità a livello stampa e in pubblico, perché tutto ciò passava anche in Rai. Mi è stata lesa la dignità. Durante le prove venivo deriso anche con del body shaming. L’insulto preferito da Bugatti era ‘nano Mozart di m***a sul monopattino’. La sera di mercoledì 5 non ero presente ad una cena nel quale mi diffamavano continuamente. Volevano imporre all’ultimo anche la presenza di una band che non conoscevo. Hanno fatto anche in modo che Corvino non arrivasse. Io nella notte l’ho fatto arrivare comunque. Il 6, il giorno della cover, Bugo c’era. Nell’esibizione, in cui non era stato rispettato nulla di come ci eravamo accordati nelle prove, lui ha cantato tutta la canzone, facendo peraltro una schifezza”.
Si è quindi giunti al momento cruciale del cambio dei versi, fulcro della questione.
“Prima di salire volevo emergere e affermare la mia esistenza”, sottolinea Morgan. “Il gesto l’ho premeditato 5 minuti prima di salire sul palco. Non è stato premeditato, ho ribaltato algebricamente il testo. La squalifica è avvenuta perché lui ha lasciato il palco, non a causa del mio cambio versi. Non era all’altezza. Hanno provato a spingermi a rinunciare con questi trucchetti ma sono stato un osso duro. Io dovevo essere progressivamente escluso. Una collaborazione artistica prevede una parte ideata anche da me. È strana una collaborazione che si basa sulla presenza di una persona come nome e non come professionalità. Volevano sfruttare il nome e non l’artista. Bugo avrebbe calpestato ogni amicizia e ragionevolezza per essere su quel palco. A distanza di 4 anni Bugatti continua ad insultarmi. E io non l’ho denunciato”.
Morgan chiude poi in merito al processo che lo ha visto protagonista a seguito della vicenda. “Voglio essere condannato all’ergastolo per dato della testa di c***o a Valerio Soave!”
Dopo un ulteriore sessione di domande da parte del PM, mentre arriva il turno delle deposizioni dei testimoni, Marco Castoldi abbandona l’aula, non prima di essersi concesso fuori dal tribunale ad alcune domande della stampa.
L’intervista integrale a Morgan nel video servizio a inizio articolo.