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Proseguono le lezioni du nosciu dialettu con Giannetto Novaro, superstite di un’epoca la cui società era basata sul ciclo annuale delle operazioni agricole.

All’interno del libro ‘Diano Castello. Arte, storia, cultura e tradizioni di un borgo ligure‘ sono numerosi gli interventi volti ad approfondire il ‘Castrum Diani‘, una perla tra le perle del Golfo Dianese. La memoria e la tradizione sono state affidate proprio a Giannetto che, per sua lunga esperienza di presidente della Communitas Diani, è profondo conoscitore.

Ai nostri microfoni Novaro ha spiegato:

  • Nè pe mazzu nè pe mazzùn nu te levò u pelissùn‘: né per maggio né per maggio inoltrato, non ti togliere i vestiti pesanti, potrebbero ancora capitare giornate fredde. La ‘pelissa’ è la maglia di lana che si metteva sopra la pelle;
  • Se u cüccu u nu cônta d’avrì u ch’u l’è mortu o ch’u l’è muì‘: se il cuculo non canta d’aprile, o che è morto o che sta per morire;
  • Quônde u cônta u cüccu a famme a l’è dappertüttü, quônde u cônta a seghèia a famme a se ne và‘: quando canta il cuculo, in primavera, la fame è dappertutto perchè ormai sono terminate le provviste accumulate per l’inverno. Quando canta la cicala, d’estate, la fame è finita perchè sono disponibili i nuovi raccolti.

Le spiegazioni integrali di Novaro nel video-servizio a inizio articolo.