Sette appuntamenti che spaziano attraverso tematiche particolarmente legate alla contemporaneità soffermandosi sulla cultura della legalità, sull’introspezione poetica e religiosa, sul piacere di un thriller intrigante, sino ad arrivare ai confini della Guerra, ricordando al tempo stesso importanti centenari come quello della morte di Giacomo Matteotti.
“Dopo i primi otto appuntamenti con la stagione invernale dei Martedì Letterari l’offerta culturale prosegue costituendo un forte legame con il territorio, le associazioni, la scuola. I Martedì Letterari divengono un momento di incontro aperto con la società civile costituendone una componente sostanziale. Pubblico e scrittori, giornalisti, docenti universitari, saggisti si confrontano, un elemento che distingue la rassegna, parte integrante dell’intrattenimento di qualità del Casio” Sottolinea il Presidente e Amministratore Delegato dott. Gian Carlo Ghinamo con i consiglieri Avv. Lucia Artusi e dott. Eugenio Nocita.
Giovedì 4 aprile nel teatro dell’Opera alle ore 16:30 Antonio Manzini inaugura la stagione primaverile con il suo attesissimo thriller “Tutti i particolari in cronaca”.
“Tutti i Particolari in cronaca” La corsa all’alba, la colazione al bar, poi nove ore di lavoro all’archivio del tribunale, una cena piena di silenzi e la luce spenta alle dieci: Carlo Cappai è l’incarnazione della metodicità, della solitudine. Dell’ordinarietà. Nessuno sospetta che ai suoi occhi quel labirinto di scatole, schede e cartelle non sia affatto carta morta. Tutto il contrario: quei faldoni parlano, a volte gridano la loro verità inascoltata, la loro richiesta di giustizia. Sono i casi in cui, infatti, il tribunale ha fallito, e i colpevoli sono stati assolti “per non aver commesso il fatto” – in realtà per i soliti, meschini imbrogli di potere. Cappai, semplicemente, porta la Giustizia dove la Legge non è riuscita ad arrivare – sempre nell’attesa, ormai da quarant’anni, di punire una colpa che gli ha segnato la vita. Walter Andretti è invece un giornalista precipitato dallo Sport, dove si trovava benissimo, alla Cronaca, dove si trova malissimo. Quando il capo gli scarica addosso la copertura di due recenti omicidi, Andretti suo malgrado indaga, e dopo iniziali goffaggini e passi falsi comincia a intuire che in quelle morti c’è qualcosa di strano. Un legame. Forse la stessa mano.
Venerdì 5 aprile ore 17.30 nel teatro dell’Opera in collaborazione con il Serra International Costanza Miriano presenta: ”Il libro che ci legge. La Bibbia come mappa del tesoro” (Sorzogno).
Sembra quasi impossibile da credere, eppure è vero: esiste un libro che racchiude tutte le risposte, che contiene la storia di ognuno di noi e che può guidarci nel difficile cammino della vita. È un libro da sfogliare, consumare, assorbire, ascoltare, incorporare… insomma, da prendere sul serio. Sì, stiamo parlando della Bibbia. Le sue pagine custodiscono personaggi, vicende e parabole che ancora oggi – anzi, specialmente oggi – dovremmo usare come bussola per orientarci tra le mille difficoltà del quotidiano, per dissipare i nostri dubbi e per affidarci a chi sa come prendersi cura di noi. Avvicinandoci a figure come Mosè, Susanna, Giuseppe, Ester e Rebecca, e riconoscendone le tracce nelle vite delle persone che incontriamo, riscopriamo la pienezza delle scritture: perché nell’Antico e Nuovo Testamento troviamo lo specchio di noi stessi, e possiamo decidere di aderire fisicamente alla Parola, usandola come cartina geografica in ogni circostanza. Ma soprattutto possiamo decidere di non accontentarci, di lasciarci plasmare dalla Bibbia, che parla di ciascuno e a ciascuno. Solo così non saremo più noi a interrogare lei, ma sarà lei a interrogare noi. Immergendoci anima e corpo nelle sue pagine, potremo imparare a guardare la realtà con occhi nuovi, vivendo con cuore consegnato e abbracciando senza riserve l’amore e il perdono.
Martedì 9 aprile ore 16:30 Luca Ponzi presenta “L’ultimo padrino. Vita, morte, crimini di Matteo Messina Denaro” (Rubbettino)
Ha vissuto da fantasma per trent’anni, ben nascosto e quasi sicuramente ben protetto. Per tutto quel tempo molti sono stati pronti a scommettere di averlo visto in mezzo mondo – dalla Germania, alla Spagna fino al Venezuela e addirittura allo stadio di Palermo per una partita di calcio – ma nonostante i diversi mandati di cattura internazionali gli investigatori hanno stentato a prenderlo. La verità è che Matteo Messina Denaro non si è mai allontanato troppo dalla sua Sicilia. E in trent’anni ha scalato i vertici di Cosa nostra, diventandone il boss incontrastato, facendo affari con la droga, le opere d’arte, i supermercati, le pale eoliche. Matteo Messina Denaro non è stato un mafioso qualsiasi, è stato l’autore di decine di omicidi, tanto che si vantava raccontando in giro che “con tutte le persone che ho ammazzato si potrebbe riempire un cimitero”; a lui si deve uno dei crimini più efferati, aver fatto sciogliere un bambino nell’acido dopo oltre due anni di prigionia ed è stato l’uomo che in Italia ha mosso le fila della strategia stragista della mafia. Dietro gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino c’era lui. Così come dietro le bombe di Milano, Roma e Firenze e la decisione di pedinare e provare a far saltare in aria Maurizio Costanzo. Su alcuni di quelli che sono i misteri dell’Italia degli ultimi tre decenni ci sono le sue impronte digitali. E c’è poi il lato umano – non sempre il migliore – con le sue debolezze, la passione per la bella vita, a partire da quella vacanza a Forte dei Marmi, fino alle belle donne, tanto da non esitare a far uccidere un rivale in amore. Un uomo che si disperava per i pessimi rapporti con la figlia e che ogni anno ricordava il padre, capomafia anche lui, con un necrologio pieno di affetto. Questo libro ricostruisce trent’anni di latitanza, fino alla cattura avvenuta in una clinica di Palermo dove il boss, malato di cancro, si sottoponeva alla chemioterapia, e prova a far luce sulle protezioni e i legami di Matteo Messina Denaro. Massoneria, politica, servizi segreti, ma anche la cosiddetta società civile, in molti sapevano, ma non hanno mai parlato. La sua vita è stata piena di segreti e in queste pagine proviamo a raccontarvene qualcuno.
Giovedì 11 aprile ore 17:00 Mara Pardini “E poi toccarlo il mare” (De Ferrari). Nota di lettura di Giuseppe Conte. “Ruba solo per me tagli di luce e dipingimi di vigore e dolcezza”.
Martedì 16 aprile ore 16:30 Franco Cardini presenta il saggio: ”La deriva dell’Occidente, l’Occidente il suo posto i suoi valori i suoi cambiamenti nello scacchiere mondiale” (Laterza). Partecipa il dott. Carlo Sburlati.
Di che cosa parliamo quando parliamo di Occidente? Oggi, con la guerra in Ucraina, sembra ritornare in auge un concetto di Occidente tutto geopolitico, dove Europa occidentale e Stati Uniti, difensori di democrazia e libertà, si contrappongono alla ‘barbarie’ orientale, russa e cinese. Ma non è sempre stato così, anzi, e siamo sicuri che questa idea di Occidente, questa alleanza fatta di valori, di economia e di tecnologia militare, duri per sempre?
Dai tempi delle guerre persiane, Oriente e Occidente sono fratelli coltelli, amici e nemici, sogno e incubo. «L’Oriente è l’Oriente, l’Occidente è l’Occidente: e nessuno potrà mai accordarli», dichiara Rudyard Kipling al tempo della fondazione dell’impero britannico d’India. Sulla base dei troppi malintesi generati dal loro confronto sono emersi anche ‘ismi’ ideologici, tanto accaniti tra loro quanto ambigui: orientalismo e occidentalismo, avvolti nel dilatare delle loro contraddizioni. Già Oswald Spengler aveva decretato il ‘tramonto dell’Occidente’; ma immediatamente, dietro l’Occidente-Europa spengleriano, se n’era andato profilando un altro, quello americano, che dopo aver soggiogato il Pacifico si apprestava a trangugiare anche l’Atlantico: Leviathan di terra e di mare secondo Carl Schmitt, contrapposto a Behemoth, compatto Oriente tutto terragno. Ma intanto però, altrove, dal Giappone alla Cina e all’India si andavano proponendo altri Occidenti, fondati su presupposti differenti da quello euroamericano e portatori di altre ‘modernità’.
Martedì 23 aprile 16:30 nel centenario dalla nascita di Giacomo Matteotti il prof. Gianpaolo Romanato illustra il volume: ”Giacomo Matteotti, un italiano diverso” (Bompiani). Partecipa il prof. Aldo Mola.
Se non si può aggiungere nulla a quanto è già stato scritto sul delitto Matteotti, molto si può dire invece sul ruolo che ebbe nella politica del tempo e sul suo lato umano, che in pochi conoscono. Questa biografia prende le mosse dal corpus epistolare tra Giacomo e l’amata moglie Velia, una testimonianza finora ingiustamente trascurata ma di enorme valore storico, una corrispondenza fittissima che si estende dal 1912 al 1924, anno della morte di lui. Attraverso le loro parole intime e accorate leggiamo in filigrana la storia di un Polesine povero e marginale al volgere del secolo e dell’Italia agli albori del fascismo. Documenti che gettano luce sulla forza interiore del deputato socialista ma anche sulle fragilità e le contraddizioni nascoste dietro un’energia e una volontà incrollabili: soltanto queste lettere rivelano la sua solitudine, i giudizi taglienti su alcuni compagni di partito e sulla fallimentare politica dei socialisti nel primo dopoguerra, la stima per qualche avversario, i sacrifici che impose alla famiglia e i dubbi che oscuravano le sue granitiche certezze. Matteotti fu un uomo duro, intransigente, mai disponibile al compromesso, un politico spesso settario che non faceva sconti a nessuno, neppure a se stesso, che suscitava scarse simpatie anche nel suo partito, probabilmente amato soltanto dai poveri contadini polesani dei quali aveva sposato la causa. Andò contro i suoi stessi interessi e contro la sua classe sociale, che non gli perdonò mai il tradimento. Il mito che nacque già all’indomani del suo assassinio non deve trarre in inganno: in vita Matteotti fu un uomo profondamente divisivo. Ma fu anche un combattente intrepido, un osservatore lucido che comprese la natura del fascismo prima e meglio di tutti, l’unico che in parlamento non smise mai di parlare e che per questo pagò un prezzo crudele.
Martedì 30 aprile 16.30 in collaborazione con Run for the Whales 2024, la biologa Maddalena Jahoda parlerà del libro “Balene salvateci! I cetacei visti da un’altra prospettiva” (Mursia).
Le balene e i delfini sono molto più simili a noi di quello che crediamo, anche per i loro «valori»: legami che durano tutta la vita, la cultura tramandata dalle nonne, l’orca che non vuole abbandonare il suo piccolo morto. Le loro storie assomigliano alle nostre e spesso si intrecciano con quelle umane, come racconta Maddalena Jahoda, che da decenni si impegna per la tutela degli animali e dell’ambiente. La sua divulgazione scientifica, appassionata ma rigorosa, si alterna allo storytelling con protagonisti i cetacei, in un intrigante cambio di prospettiva che, ogni tanto, fa «parlare» direttamente anche le balene. E mentre, con un pizzico di autoironia, si scontra con equivoci quotidiani su animali così poco conosciuti nel nostro Paese, l’Autrice si sente chiedere: «Ma perché salvare proprio le balene?». Oggi è fondamentale, e per motivi completamente nuovi. Secondo le ricerche più recenti, i grandi cetacei hanno un ruolo ben più importante di quanto pensassimo, e potrebbero aiutarci addirittura a rimediare ai danni che stiamo causando all’ambiente. Forse dobbiamo salvare le balene perché loro salvino noi.