[beevideoplayersingle adstype=”video-ads” videourl=”https://vimeo.com/198830733″ videoadsurl=”https://vimeo.com/224092271″ adsurl=”https://www.sialpieve.com/”]È passato un anno preciso dal ‘caso Mina’, il peschereccio Sanremese sequestrato il 13 gennaio 2016 dalle autorità francesi e rilasciato dopo 8 giorni a seguito di una cauzione di oltre 8mila euro.
Il fatto di cronaca sconvolse l’opinione pubblica e portò a galla il “Trattato di Caen”: un documento, siglato nel 2015 dalle autorità francesi e dall’allora ministro degli esteri Gentiloni, che ridefinisce i confini marittimi sottraendo aree importantissime ai pescatori liguri.
Tra queste, la così detta “Fossa del Cimitero” al largo di Ventimiglia, un tratto di mare dove da decenni si pesca il rinomato gambero rosso.
Passato un anno la situazione rimane tesa. Nonostante il trattato non sia ancora valido, e le autorità francesi non avessero il diritto di porre sotto sequestro il Mina, i pescatori di gambero non hanno più il coraggio di avvicinarsi al confine per paura delle possibili conseguenze e sanzioni.
Calogero Volpe, capitano del peschereccio Maria Grazia, spiega: “Quando andiamo a pescare lì, abbiamo paura. Il sequestro del Mina ha creato un precedente che anche le autorità italiane, per non avere problemi con i francesi, ci chiamano quando ci avviciniamo a questo benedetto confine. Questo fatto mi crea ansia. Sembra che sto andando a commettere un crimine.”
Secondo diversi testimoni, dal 13 gennaio scorso, ogni volta che un peschereccio italiano si avvicina al confine marittimo, le imbarcazioni della Guardia Costiera francese cominciano a pattugliare il tratto di mare.
Ciro Lobasso, capitano del Mina, vuole vedere la situazione cambiare una volta per tutte: “Ci devono dare una disponibilità di manovra su questo confine. Non vogliamo pescare in Francia, ma non abbiamo una macchina che giriamo quando vogliamo. Prendono e fanno multe. Questo non è lavorare.”
Il timore per le sanzioni si unisce ad altre numerose problematiche tra cui le regolamentazioni europee sulla taglia delle reti e, in particolare, i giorni di fermo.
“L’Epifania – spiega il capitano Volpe – era bonaccia, ma noi non potevamo uscire. Che senso ha uscire con la mareggiata, rischiare di rompere la barca, mettere a rischio il mio equipaggio perché l’indomani è la Befana e non possiamo pescare? Pe di più, in questi giorni festivi, Sanremo si riempe di turisti che vogliono mangiare pesce fresco locale e noi gli diamo i gamberi di Taiwan.”
La situazione sta diventando talmente insostenibile che i pescherecci Mina e Maria Grazia stanno valutando il nuovo bando ministeriale per la rottamazione di barche da pesca professionale.
Lobasso: “Andando avanti così non ci rimane più niente, tanto vale demolire.”
In questo modo Sanremo rischia di perdere non solo un lavoro che ormai si tramanda da generazione, ma anche un prodotto di eccellenza importantissimo per il settore turistico e gastronomico.