Dal primo febbraio il green pass base, quello ottenibile con vaccinazione, guarigione o tampone negativo, è obbligatorio anche per accedere ai negozi di abbigliamento.
Un ‘peso’ in piĂą sulle spalle dei commercianti che giĂ , causa pandemia, non attraversano momenti troppo felici. Risulta dunque lecito chiedersi l’utilitĂ o meno della misura soprattutto alla luce del fatto che, per i negozi, il controllo può essere fatto a campione. Ciò significa che non tutti coloro che accedono ai locali devono essere obbligatoriamente controllati e che risulta dunque complicato motivare eventuali sanzioni.
In seconda battuta è aperto l’interrogativo sulla bontà sanitaria del provvedimento e, soprattutto, sulle sue tempistiche. L’introduzione è infatti concisa, o quasi, con il cosiddetto plateau dei contagi covid-19, non durante né prima del picco epidemico.
Per capire come stiano andando i controlli e in generale tentare di fare chiarezza abbiamo intervistato Marco Pastore presidente provinciale di Federmoda.
“I controlli stanno andando abbastanza bene – dice. Le persone erano giĂ consapevoli e preparate, molte mostrano il green pass entrando o altrimenti gentilmente si chiede. Diciamo che il green pass base va a recepire quasi la totalitĂ dell’utenza perchĂ© chi lavora, anche se non vaccinato, il tampone lo deve fare. Non ci sono dunque grandi problemi. Per le piccole realtĂ dei negozi di vicinato non riscontriamo particolari criticitĂ . Personalmente finora mi è capitata soltanto una persona senza la carta verde”.
Sull’utilitĂ della misura e sulle tempistiche Pastore concorda con chi la ritiene tardiva: “Condivido questa riflessione. Indubbiamente farlo prima, quando la curva dei contagi saliva con maggiore rapiditĂ e non avevamo ancora obbligo vaccinale per gli over 50, avrebbe avuto piĂą senso”.