La progressiva diffusione in Italia e nella nostra zona della variante Delta ci ha costretti ad aggiornare al ribasso le aspettative di libertà che avevamo in base all’esperienza dell’estate 2020. I primi giorni d’agosto 2020 avevano registrato 7-13 nuovi contagi giornalieri in regione Liguria, e da 0 a 2 in provincia di Imperia, con un tasso di positività dello 0.5%. Invece in questo inizio di agosto 2021 i nuovi casi giornalieri in Liguria sono circa 150, e in Provincia di Imperia sono circa 40, con tasso di positività intorno al 5%. Eppure nessuno era vaccinato nell’estate 2020, mentre oggi più del 50% della popolazione della Liguria è stata vaccinata.
“La spiegazione dell’apparente paradosso sta nell’arrivo della variante Delta con la sua alta contagiosità, e l’insufficienza del 50% di vaccinati a fornire immunità di gregge – spiega la professoressa Mara Lorenzi a Riviera Time. In tale situazione le persone non vaccinate sono facile bersaglio del virus e lo mantengono in circolazione. Ci sono diversi motivi per cui la variante Delta, inizialmente documentata in India nell’autunno del 2020, è diventata oggi la variante predominante in molte parti del mondo.
Una delle 7 mutazioni che la variante Delta ha nella proteina Spike (con cui aderisce e poi entra nelle cellule del nostro organismo) aumenta di molto la capacità del virus di riprodursi, e così chi è contagiato dalla variante Delta ha una carica virale fino a 1200 volte più alta di quella tipica del ceppo originario del virus. Per questo motivo la vita all’aria aperta dell’estate non riesce quest’anno a proteggerci allo stesso livello del 2020. Inoltre l’alta carica virale accorcia il periodo di incubazione da 6-10 a 3-4 giorni; e cosi riduce i tempi utili perché il tracciamento riesca ad interrompere la catena del contagio.
È importante sottolineare che le varianti di cui si parla ad oggi, denominate con le lettere dell’alfabeto Greco da alfa a lambda, si sono tutte sviluppate prima dell’inizio della vaccinazione anti-COVID (vedi Circolare di Aggiornamento della Classificazione delle Nuove Varianti SARS-CoV-2, Ministero della Salute 9 Luglio 2021) – prosegue Lorenzi. Quindi nella fase della pandemia in cui la replicazione del virus era più attiva e non ostacolata dagli effetti della vaccinazione.
A questo proposito c’è anzi una notizia molto incoraggiante anche se per ora preliminare. Un articolo ancora sotto valutazione ma reso pubblico via medRxiv, ha documentato attraverso l’analisi di quasi 2 milioni di genomi di SARS-CoV-2 depositati da 183 paesi tra dicembre 2019 e maggio 2021 che la vaccinazione contro COVID-19 sembra funzionare come un freno all’evolversi di varianti del virus più trasmissibili. Se confermata, questa osservazione diventerà un motivo potentissimo per accelerare ulteriormente la vaccinazione di massa, che acquisirebbe anche il ruolo di spingere all’esaurimento la capacità di evoluzione del virus.
Intanto la vaccinazione di massa deve continuare perche’ le persone non vaccinate costituiscono oggi il meccanismo principale che mantiene la replicazione del virus e quindi la probabilita’ di nuove mutazioni e nuove varianti. Fortunatamente sia il vaccino Pfizer che il vaccino Astra-Zeneca hanno contro la variante Delta un’efficacia solo di poco inferiore a quella contro alfa. La protezione non e’ del 100%, e non devono percio’ stupire troppo i casi di re-infezione, che pero’ rappresentano una percentuale molto bassa dei contagi (0.1-2%). La notevole riduzione del contagio da variante Delta che si sta osservando sia in India che nel Regno Unito dopo i picchi dell’inizio dell’estate, fa sperare che anche da noi il progressivo aumento del numero di persone immuni tramite vaccinazione o infezione faccia presto esaurire l’impatto di Delta.
Non è escluso – conclude la professoressa – che in futuro ci si debba difendere da altre varianti, ma intanto si stanno studiando vaccini che stimolino la produzione di anticorpi capaci di “neutralizzare a largo raggio” intere famiglie di virus e potenziali varianti”.