Fin dalle scuole elementari ognuno di noi studiava la storia, una materia che ci affascinava e che, in quella giovane età, ci faceva sognare epiche battaglie. Ripescando i ricordi scolastici dalla nostra memoria non possiamo non accorgerci che, nel momento in cui si parlava di antiche civiltà, quella romana aveva il dominio assoluto sul programma di studio che riguardava la storia italiana, salvo qualche accenno alle civilizzazioni etrusca e barbarica.
Ebbene quest’ultima è molto più interessante di quanto possa sembrare di primo acchito e, tramite quello che ci è permasto, possiamo capire le origini di alcuni usi e parole rimasti nel costume del nord Italia.
Dobbiamo innanzitutto dire che il termine “barbaro” racchiude in se qualunque popolazione non parlasse greco o latino e tra queste troviamo la civilizzazione Ambronica (ovvero quella degli antichi liguri dell’età del ferro) e quella Taurina (una popolazione indoeuropea di stirpe celtica). Il termine Ambrones significava letteralmente “commerciante d’ambra” questo perchè le popolazioni della Liguria intrattenevano rapporti commerciali con l’intero mondo antico, andando a prelevare l’ambra persino nei Paesi Baltici; bisogna però dire che a quei tempi la Liguria aveva dimensioni ben maggiori rispetto a quelle attuali: il territorio raggiungeva infatti la costa azzurra francese, il basso Piemonte e parti di Toscana, Lombardia ed Emilia Romagna. I Taurini erano invece il “popolo delle montagne”, una popolazione indoeuropea che occupava i territori di alto Piemonte e Valle d’Aosta; la parola “Taurino” è la vera radice del nome della città di Torino, erroneamente legata alla figura del toro, che venne associata come animale simbolo della città data l’assonanza tra le due parole; il nome antico della città era appunto Taurasia e in seguito, con la conquista da parte di Cesare, per omaggiare la potenza della popolazione celtica, venne rinominata Augusta Taurinorum e da lì la trasformazione in Torino. A questo punto sorge spontaneo domandarsi come mai due popolazioni che avevano possedimenti in quasi tutto il nord Italia non fossero e non sono tutt’ora citate sui libri di storia; ebbene nel periodo mussoliniano nacque l’imperialismo fascista con il quale il popolo italiano venne riunito sotto la forte identità della Roma imperiale; questo fece sì che dai manuali di storia allora in uso sparisse tutto ciò che poteva far apparire frammentata la popolazione italiana.
Ebbene queste popolazioni, nonostante la scarsa quantità di reperti, sono riuscite a lasciare traccia della loro permanenza soprattutto tramite la lingua; l’idioma parlato dai Taurini era il Lepontico, mentre quello utilizzato dagli Ambrones risultava un incrocio tra Lepontico e Greco Antico e, in molte parole di uso attuale o facenti parte del dialetto di una determinata area, troviamo radici simili o talvolta identiche tra l’italiano e quegli antichi idiomi. Un esempio può essere la parola Alpi, che prende la sua radice da “alp” che, in lepontico, significa letteralmente “altura”, oppure, con una simile trasformazione semantica, troviamo nel dialetto ligure la parola “bricchi” che deriva da “bric”, termine che porta il significato di “montagna”.
Uno dei rimandi più forti e presenti alla cultura delle antiche cività Ambronica e Taurina che possiamo trovare nella lingua e nei dialetti italiani, è l’intercalare “belin”, il più famoso e di uso comune di Liguria e Piemonte; questo trova infatti le sue radici nel nome di Belenos (o Belinu), un’antica divinatà legata al sole, alla luce e alle montagne; questo veniva raffigurato come un gigante dall’accentuata virilità e quasi sempre era rappresentato privo di vesti e armato di clava. Questo fece in modo che nel tempo, il nome di Belenos, venisse utilizzato comunemente, trasformandosi, dopo secoli di evoluzione linguistica, nel tanto famoso “belin!”
Articolo di Beatrice Bongiovanni in collaborazione con l’Associazione Culturale “Terra Taurina” – Ufficio Stampa Liceo G.D. Cassini