I ricercatori dell’Istituto Tethys, assieme alla Guardia Costiera, sono riusciti ieri a stabilire con esattezza le dimensioni della balena grigia che da due settimane si sposta nelle acque italiane. È un dato decisivo per stimarne anche l’età e quindi risolvere il “mistero” della sua provenienza. Com’è noto infatti le balene grigie oggi vivono solo nel Pacifico.
Erano state avanzate due diverse teorie: che “Wally”, come è stata chiamata, possa essere nata quest’inverno e quindi rappresentare un ritorno della specie a riprodursi in Atlantico dove è considerata estinta, o che invece fosse un piccolo della stagione precedente, quindi dell’età di più di un anno; in questo secondo caso avrebbe avuto il tempo di migrare dal Pacifico attraverso le acque dell’Artico. Finora le sue dimensioni erano state stimate solo a occhio, con un margine di incertezza; ora però le immagini dal drone hanno permesso una misura molto più precisa, a paragone di una barca a fianco.
“La lunghezza di 7,70 m conferma che si tratta di un animale molto giovane” ha annunciato oggi Sabina Airoldi di Tethys che era parte del team operativo. In accordo anche con gli esperti d’oltreoceano, Robert Brownell, del NOAA, National Oceanic and Atmospheric Administration statunitense, e Jorge Urbàn Ramírez dell’Università Autonoma della Bassa California, Messico, l’ipotesi più accreditata ora è che si tratti di un individuo di poco più di un anno, probabilmente nato nel Pacifico nel gennaio del 2020.”
“Pensiamo che si tratti di un individuo un po’ più piccolo della media, che forse ha mangiato poco durante la lunga rotta ‘anomala’ dal Pacifico fino in Mediterraneo. In linea con questo, le immagini subacquee ottenute sempre ieri confermano che è estremamente magro”, spiega Maddalena Jahoda, sempre di Tethys,“ e questo desta molta preoccupazione per la sua sorte”.
In due settimane la balena grigia (Eschrichtius robustus) ha percorso oltre 800 chilometri da Ponza fino all’Imperiese, dove è stata esaminata ieri da Tethys. “Proprio in questa stagione ha urgente bisogno di fare provvista di cibo; la speranza è che riesca comunque ad alimentarsi anche nelle nostre acque che non conosce. È quindi indispensabile non causargli ulteriore stress”, avverte ancora Sabina Airoldi.
Anche la Guardia Costiera, che ha monitorato gli spostamenti dell’animale scortandolo lungo tutto il tragitto in stretta collaborazione con un network di esperti di tutta Italia, è intervenuta solo in caso di effettivo pericolo (ad esempio il rischio di cattura accidentale in attrezzi da pesca). Questa collaborazione ha portato anche a diffondere un codice di condotta per chi dovesse avvistare l’animale. La raccomandazione è di lasciarlo indisturbato, mantenendosi ad almeno 100 metri di distanza senza creare assembramenti di barche.
Si pensa che un tempo le balene grigie siano vissute anche nel Mediterraneo, come indicherebbero ossa fossili risalenti a qualcosa come 2000 anni fa, tanto da far ipotizzare che gli antichi Romani già le cacciassero. Nell’Atlantico invece questa specie fu sterminata dalla baleneria nel Settecento; solo nel Pacifico la popolazione che migra lungo la costa americana tra il Messico e l’Alaska si è abbondantemente ripresa; non così invece per quella dal lato asiatico, molto più ridotta.
Dalle ricostruzioni la balena “Wally” si trova nel Mediterraneo almeno da marzo quando era stata avvistata prima al largo del Marocco e poi dell’Algeria. Com’è noto è poi comparsa, dalla metà di aprile, a Ponza, poi nel golfo di Napoli, nel Lazio alle foci del Tevere, in Toscana a Castiglione della Pescaia e Viareggio, per poi continuare il suo viaggio verso nord, fino a Sestri Levante e poi nel Ponente ligure.
Il cetaceo si mantiene molto vicino alla costa: “È vero che avvicinarsi alla riva spesso è un segnale di allarme per i mammiferi marini, che quando sono malati a volte vengono a morire in spiaggia”, spiega Maddalena Jahoda, “ma in questo caso potrebbe anche significare che sta cercando di alimentarsi”. Le balene grigie hanno infatti una particolarità: solitamente non filtrano il plancton dall’acqua, come per esempio le balenottere comuni del Mediterraneo, ma setacciano piccoli crostacei e altri animali dal fango, e lo fanno tipicamente vicino a riva, sui fondali bassi.
Il ciclo annuale delle balene grigie del Pacifico è ben conosciuto e molto particolare: trascorrono l’inverno al sud, nelle lagune del Messico, per accoppiarsi e dare alla luce i piccoli e dove mangiano poco o nulla. Dopo la più lunga migrazione che si conosca per un mammifero, raggiungono le acque del nord, come in Alaska, dove fanno invece provvista di cibo. In ogni caso proprio in questa stagione anche la “nostra” balena ha bisogno di mangiare; c’è qualche segnale che indica che perlomeno ci sta provando. Possiamo solo sperare che nelle nostre acque trovi gli organismi adatti per alimentarsi.
Quello di questi giorni è il primo avvistamento in acque italiane; l’unico altro nel Mediterraneo risale al maggio del 2010 di fronte alle coste di Israele e, poche settimane dopo, vicino a Barcellona. Un solo animale è stato finora documentato invece in Atlantico: era nel 2013, vicino alle coste della Namibia. Anche per questi casi, sicuramente individui diversi, più grandi di “Wally”, si era ipotizzato che avessero trovato un passaggio libero dai ghiacci nell’Artico.
I ricercatori di Tethys, assieme a diverse altre organizzazioni ed enti di conservazione e di ricerca hanno scelto di non diffondere la posizione dell’animale in tempo reale, in modo da non attirare curiosi creandogli disturbo. Cionondimeno chi dovesse avvistarla può essere di grande aiuto, segnalandola alla Guardia Costiera attraverso l’App PlasticfreeGC a cui si è aggiunta, proprio da poco, una nuova funzionalità per la segnalazione da parte dei diportisti, di grandi vertebrati in mare. Grazie a un recente accordo, i dati sui cetacei verranno elaborati dall’Istituto Tethys. Per “Wally” è possibile anche avvertire direttamente la Capitaneria di Porto più vicina.