[beevideoplayersingle adstype=”video-ads” videourl=”https://vimeo.com/205374869″ videoadsurl=”https://vimeo.com/224092271″ adsurl=”https://www.sialpieve.com/”]È il 23 febbraio 1887. È mattina. Tutto d’un tratto, la terra nel Ponente ligure inizia a tremare. Ripetute scosse di terremoto colpiscono in modo particolare Bussana, Diano Marina, Bajardo e Oneglia. In quel primo giorno di Quaresima, si verifica il sisma più disastroso mai avvenuto in Liguria.
Il bilancio delle vittime, nell’allora provincia di Porto Maurizio, è drammatico: 618 persone muoiono sotto le macerie. Altre 447 rimangono ferite. Impressionante anche il numero dei danni, stimati all’epoca in 40 milioni di lire. Qualcosa come 180 milioni di euro di oggi.
L’epicentro del terremoto fu individuato nel mar Ligure, di fronte alle coste di Imperia. La scossa più forte raggiunse una magnitudo di 6,5 gradi sulla scala Richter. Fu questa a provocare i maggiori danni e ad uccidere più persone.
Diano Marina fu quasi completamente distrutta, mentre a Oneglia la zona più colpita fu Borgo Peri. Ma a pagare il prezzo più alto in termini di vite umane fu Bajardo. La chiesa del paese era infatti gremita di fedeli quella mattina per la funzione delle ceneri. 224 di loro rimasero sepolti sotto le macerie.
A Bussana non si verificò la stessa ecatombe solo grazie all’intervento di Don Lombardi, che – sentendo il forte boato – invitò i fedeli a rifugiarsi sotto le volte della chiesa, evitando così di incrementare il numero delle vittime.
Da quella tragica mattina sono passati esattamente 130 anni, ma i segni di allora sono ancora visibili a Bussana Vecchia. Bussana è stata in qualche modo il simbolo di quel tragico evento di 130 anni fa. Ma rappresenta anche un simbolo di speranza e di fiducia. Un esempio concreto che si può ripartire anche dopo tragedie di questa portata.
Bussana ci è riuscita grazie alla ricostruzione spontanea di un gruppo di artisti e artigiani, italiani e stranieri, che nel corso degli anni si sono stabiliti nell’antico borgo distrutto, portandolo all’onore del mondo. Un segnale di fiducia e ottimismo verso il futuro, rivolto a chi negli ultimi mesi ha vissuto le stesse drammatiche ore che segnarono il Ponente ligure 130 anni fa.